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Lavoro

Licenziamento illegittimo

Licenziamento illegittimo: l’anzianità di servizio determina solo l’importo minimo dell’indennità spettante

Riccardo Malvestiti

Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, l’anzianità di servizio non rappresenta il criterio esclusivo per la determinazione dell’indennità, ma la sola base di partenza per la sua determinazione.

La riforma del D.Lgs. n. 23/2015 e le modifiche. Con il Decreto Legislativo n. 23/2015 sono state introdotte alcune modifiche in materia di licenziamento dei lavoratori, per effetto delle quali è stata estesa la così detta “tutela obbligatoria”.

La disciplina, applicabile ai lavoratori assunti dallo scorso 07.03.2015 (salvo particolari eccezioni), prevede una riparazione economica ai provvedimenti di licenziamento illegittimi parametrata sull’anzianità aziendale del lavoratore. Solo nei casi più gravi viene prevista una “tutela reale” con obbligo di reintegra.

Con il Decreto Legge n. 87/2018, successivamente convertito in legge n. 96/2018, il legislatore ha apportato alcune modifiche alla disciplina in oggetto, incrementando l’importo dei risarcimenti spettanti ai lavoratori e mantenendo intatta strutturalmente la tutela del lavoratore, principalmente (non esclusivamente) orientata all’indennizzazione del provvedimento illegittimo.

L’intervento della Corte Costituzionale. Con sentenza n. 194/2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 23/2015, limitatamento alla determinazione dell’indennità spettante per il licenziamento.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che il decreto in oggetto ha configurato un meccanismo di determinazione degli importi estremamente rigido e quindi non graduabile a parametri differenti rispetto alla durata del rapporto. Alla luce di tale pronuncia, il Giudice chiamato a determinare l’indennità risarcitoria spettante per licenziamento illegittimo, dovrà attenersi ai seguenti criteri:

  1. devono essere rispettati i limiti minimi e massimi delle indennità previste dal legislatore;
  2.  l’anzianità di servizio determina (solo) l’importo minimo del licenziamento;
  3. Il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’attività, il comportamento e le condizioni delle parti possono influire sull’importo dell’indennità.

I riflessi della pronuncia sulla determinazione dell’indennità di licenziamento.

I nuovi criteri di determinazione dell’indennità sembrerebbero consentire al Giudice la possibilità di intercettare condotte particolarmente censurabili.

Mentre nell’impianto legislativo originario del D.Lgs. n. 23/2015 veniva premiata l’applicazione di criteri oggettivi e predeterminabili, avulsi ed estranei alla valutazione del comportamento tenuto dalle parti, ora la condizione e le condotte delle parti possono rilevare anche ai fini della determinazione dell’importo dell’indennità.

Ciò è stato confermato dal Tribunale di Genova in sede di applicazione, nel merito, dei nuovi principi, laddove ha stabilito che “Il disconoscimento dell’apporto professionale richiesto alla ricorrente, le gravi violazioni che hanno accompagnato il recesso, le ombre gravanti sulla scissione aziendale seguita in dieci mesi dalla decisione di licenziarla costituiscono elementi meritevoli di considerazione nella quantificazione del risarcimento dovuto, ben più della mera anzianità di servizio”